Rufina Ruffoni poetessa dimenticata

Rufina Ruffoni, nobildonna veronese vissuta tra l’inizio e la pienezza del Novecento, pubblicò un’unica raccolta di poesie intitolata Sognando un dolce andare. Era il 1950 ma il libro accoglieva una lunga esperienza poetica maturata tra le stanze e il giardino della proprietà La Pavarana, luogo fondamentale nella formazione culturale e letteraria di Rufina.

L’aristocratica dimora ospitava intellettuali, poeti e artisti di notevole pregio, aperti all’emozione di nuovi linguaggi, dalle avanguardie fino alle più liriche e riposte manifestazioni. Margherita Lochis, madre di Rufina, animava e sosteneva il festeggevole ragionare di quanti cercavano un reciproco confronto e conforto nel dirsi, attraverso la musica, l’arte, la poesia, il teatro.

Era infatti nipote di Alfredo Piatti, il virtuoso del violoncello che conquistò Londra, e apparteneva a quella famiglia Lochis la quale, per tramite del conte Guglielmo aveva creato la favolosa pinacoteca nella villa di Crocetta di Mozzo, sui declivi vicino a Bergamo.

Gli incontri del cenacolo culturale ispirarono a Rufina studi, letture, riflessioni e immagini le quali però si univano ad una larga tradizione che fluiva da un passato remoto e che tendeva alla mirabile armonia tra l’opera dell’uomo e l’incanto della natura. E a partire dai versi di Rufina, in un viaggio a ritroso lungo le vicende della sua famiglia intrecciate indissolubilmente alla visione del locus amoenus, viene ritrovata quella sorgente antica, fino a giungere alla purezza del paesaggio che si fa eloquente ed esso stesso narratore di un sogno.

La poesia di Rufina Ruffoni testimonia l’esito estremo e definitivo di un’utopia, ovvero di una civiltà nella quale la terra abitata (ed il cielo sovra essa) non era solo bene da sfruttare e da utilizzare ma era garante della propria esistenza, della propria bellezza. Ora, dopo lunghissimi anni di silenzio, questa poesia davvero significativa ritrova nuova luce.

(Testo tratto da: Elisabetta Zampini, Sognando un dolce andare. Rufina Ruffoni: una grande poetessa dimenticata, QuiEdit)

Rufina Ruffoni, nobildonna veronese vissuta tra l’inizio e la pienezza del Novecento, pubblicò un’unica raccolta di poesie intitolata Sognando un dolce andare. Era il 1950 ma il libro accoglieva una lunga esperienza poetica maturata tra le stanze e il giardino della proprietà La Pavarana, luogo fondamentale nella formazione culturale e letteraria di Rufina.

L’aristocratica dimora ospitava intellettuali, poeti e artisti di notevole pregio, aperti all’emozione di nuovi linguaggi, dalle avanguardie fino alle più liriche e riposte manifestazioni. Margherita Lochis, madre di Rufina, animava e sosteneva il festeggevole ragionare di quanti cercavano un reciproco confronto e conforto nel dirsi, attraverso la musica, l’arte, la poesia, il teatro.

Era infatti nipote di Alfredo Piatti, il virtuoso del violoncello che conquistò Londra, e apparteneva a quella famiglia Lochis la quale, per tramite del conte Guglielmo aveva creato la favolosa pinacoteca nella villa di Crocetta di Mozzo, sui declivi vicino a Bergamo.

Gli incontri del cenacolo culturale ispirarono a Rufina studi, letture, riflessioni e immagini le quali però si univano ad una larga tradizione che fluiva da un passato remoto e che tendeva alla mirabile armonia tra l’opera dell’uomo e l’incanto della natura. E a partire dai versi di Rufina, in un viaggio a ritroso lungo le vicende della sua famiglia intrecciate indissolubilmente alla visione del locus amoenus, viene ritrovata quella sorgente antica, fino a giungere alla purezza del paesaggio che si fa eloquente ed esso stesso narratore di un sogno.

La poesia di Rufina Ruffoni testimonia l’esito estremo e definitivo di un’utopia, ovvero di una civiltà nella quale la terra abitata (ed il cielo sovra essa) non era solo bene da sfruttare e da utilizzare ma era garante della propria esistenza, della propria bellezza. Ora, dopo lunghissimi anni di silenzio, questa poesia davvero significativa ritrova nuova luce.

(Testo tratto da: Elisabetta Zampini, Sognando un dolce andare. Rufina Ruffoni: una grande poetessa dimenticata, QuiEdit)

Dopo un lungo oblio che sembrava avere velato per sempre la pregiata arte poetica e il ricordo di Rufina Ruffoni, è apparso il bellissimo e veritiero omaggio della studiosa Elizabetta Zampini la quale, interessata alle figure delle poetesse che avevano animato i cenacoli culturali nelle prime decadi del Novecento, è pervenuta alla raccolta poetica “Sognando un dolce andare” di Rufina Ruffoni. Dischiudendo il mondo interiore, i ricordi narrati, l’afflato di sogno di Rufina, Elisabetta Zampini ha ricomposto il quadro di un mondo scomparso che le vicissitudini terrene avevano troppo offeso in un progressivo annientamento; un microcosmo scandito dal tempo della natura, dell’arte, della poesia, delle letture, in cui gli esseri umani erano parte di una civiltà legata alla terra abitata, e al cielo sopra di essa, percepiti quali confini di un’esistenza votata alla ricerca del bello interiore.

Il saggio di Elisabetta Zampini “Sognando un dolce andare. Rufina Ruffoni: una grande poetessa dimenstica” (QuiEdit, Premio letterario Fratelli Vassalini 2016 dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti), è una stupenda lettura che consente di avvicinare, in un’atmosfera ancor viva, luoghi, persone e fermenti da tempo scomparsi nel cuore della Valpantena, quella “valle di tutti gli dei”, secondo l’etimologia più accreditata, ove, riportandosi alle parole di Pietro Caliari, “si presenta contemporaneamente l’incantevole spettacolo di tre stagioni: nella parte più montuosa i rigori del verno, sui declivi la primavera, nel piano l’estate”.

Dimorante presso Villa Palazzoli nel ricordo parentale, nell’ape operosa simbolo della poesia che ogni anno fa ritorno e nella stagionalità peculiare che illumina le stanze, la presenza di Rufina Ruffoni rivive ora per sempre, grazie alla sua arte poetica, nel mondo ritratto e custodito all’interno del viaggio letterario di Elisabetta Zampini. Per tutti, nuova Shangri-La in un orizzonte perduto.

Dopo un lungo oblio che sembrava avere velato per sempre la pregiata arte poetica e il ricordo di Rufina Ruffoni, è apparso il bellissimo e veritiero omaggio della studiosa Elizabetta Zampini la quale, interessata alle figure delle poetesse che avevano animato i cenacoli culturali nelle prime decadi del Novecento, è pervenuta alla raccolta poetica “Sognando un dolce andare” di Rufina Ruffoni. Dischiudendo il mondo interiore, i ricordi narrati, l’afflato di sogno di Rufina, Elisabetta Zampini ha ricomposto il quadro di un mondo scomparso che le vicissitudini terrene avevano troppo offeso in un progressivo annientamento; un microcosmo scandito dal tempo della natura, dell’arte, della poesia, delle letture, in cui gli esseri umani erano parte di una civiltà legata alla terra abitata, e al cielo sopra di essa, percepiti quali confini di un’esistenza votata alla ricerca del bello interiore.

Il saggio di Elisabetta Zampini “Sognando un dolce andare. Rufina Ruffoni: una grande poetessa dimenstica” (QuiEdit, Premio letterario Fratelli Vassalini 2016 dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti), è una stupenda lettura che consente di avvicinare, in un’atmosfera ancor viva, luoghi, persone e fermenti da tempo scomparsi nel cuore della Valpantena, quella “valle di tutti gli dei”, secondo l’etimologia più accreditata, ove, riportandosi alle parole di Pietro Caliari, “si presenta contemporaneamente l’incantevole spettacolo di tre stagioni: nella parte più montuosa i rigori del verno, sui declivi la primavera, nel piano l’estate”.

Dimorante presso Villa Palazzoli nel ricordo parentale, nell’ape operosa simbolo della poesia che ogni anno fa ritorno e nella stagionalità peculiare che illumina le stanze, la presenza di Rufina Ruffoni rivive ora per sempre, grazie alla sua arte poetica, nel mondo ritratto e custodito all’interno del viaggio letterario di Elisabetta Zampini. Per tutti, nuova Shangri-La in un orizzonte perduto.

Andiamo ne la notte con le stelle;
e solingo il mio cuore, ad una ad una
tutte le conta, e quelle oscillano nel vento
e socchiudono ratte gli occhi.
Andiamo pe’ sentieri e i prati molli,
ché dolce è camminare sovra l’erba
mentre s’ode il frusciare del vento,
andare dolce fra le lunghe
file di pioppi e fra gli ontani
e le argentee betulle soavemente.
[...]
Rufina Ruffoni
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